Fotovoltaico organico: più efficiente imitando struttura delle rose

Replicare la struttura dei fiori permetterà di realizzare celle fotovoltaiche più efficienti, in grado di assorbire una quantità maggiore di luce solare da differenti angolature.

Fotovoltaico: replicare la struttura dei fiori permetterà di realizzare celle fotovoltaiche più efficienti, in grado di assorbire una quantità maggiore di luce solare da differenti angolature. A giungere a questa conclusione sono stati i ricercatori del Karlsruhe Institute of Technology e del Center for Solar Energy and Hydrogen Research di Baden-Württemberg. Gli scienziati tedeschi hanno scoperto che riprodurre le cellule epidermiche dei petali di rosa e integrarle in una cella solare organica permette di incrementare del 12% l’efficienza della tecnologia, grazie alle proprietà antiriflesso tipiche di questi fiori. I petali di rosa presentano contrasti cromatici più marcati, volti ad attrarre gli insetti aumentando le possibilità di impollinazione.

 

Lo studio descritto sulla rivista Advanced Optical Materials journal ha preso spunto dalla fotosintesi perché il fotovoltaico funziona in modo molto simile. Sia i pannelli fotovoltaici che le piante assorbono la luce solare, convertendola in una forma diversa di energia. In questi processi è fondamentale usare una porzione ampia dello spettro solare, intrappolando la luce da diverse angolature.  Le piante possiedono già questa capacità. I ricercatori ora intendono trasferirla anche alle celle solari. Lo schema replicato dagli scienziati è caratterizzato da una disposizione densa e disordinata di microstrutture e da nervature aggiuntive composte da nanostrutture posizionate in modo casuale.

Per riprodurre la struttura delle cellule epidermiche dei petali di rosa su una superficie più ampia gli scienziati hanno impiegato uno stampo di polidimetilsilossano, un polimero a base di silicio. Lo strato trasparente ottenuto è stato poi integrato in una cella solare organica

I ricercatori hanno scoperto che la struttura è in grado di ridurre la superficie riflettente, portandola a meno del 5% anche quando l’angolo di incidenza della luce è di 80 gradi. Inoltre ogni singola cella funziona come una microlente, stimolando l’interazione tra la luce e la materia e incrementando le possibilità di assorbimento dei fotoni.

 

Gli scienziati sostengono che il metodo possa essere applicato anche ad altre specie di piante e a diverse tecnologie fotovoltaiche. In futuro i ricercatori puntano a integrare nelle celle solari anche altre proprietà tipiche delle piante per massimizzarne l’efficienza. Un altro obiettivo della ricerca sarà indagare più a fondo il ruolo di una disposizione disorganizzata all’interno di strutture fotoniche complesse.

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